Mia nonna Anna Michelon Toller, nata a Ville di Giovo nel 1926, sposa Quinto Rossi Coslop nato a Verla di Giovo nel 1924

  

Subito dopo il matrimonio, celebrato a le Ville, sono partiti per il sud America

1951 - Matrimonio Anna e Quinto – Ville di Giovo

Anna Michelon e Quinto Rossi sulla nave verso il Cile 

 

E’ grande il costo dell'emigrazione, da una parte ci sono i sogni, la voglia di una vita migliore, dall’altra c'è tutto quello che si deve lasciare indietro, la vita pacifica tra i boschi e le montagne del Trentino, che non si trovano da nessuna parte, l’aria fresca che scende delle montagne quando la primavera si fa avanti dopo le tempeste zitte dell’Inverno.

Non pianger più mammeta,

ritornerò non ci aver fretta,

Cosi gli dissi in quel lontano di,

la baciai e poi partì

triste è l’emigrar lontano

ancor più triste è lavorar invano,

ma poi… sorse il sole

ed ecco produr le zolle.

Ritornerò scrive ancor alla mammina.

Ma un altro fattor l’idea declina,

ristornerò si, si ripete in cuor

si ritornerò per vederti ancor

Per il tempo pur lento cammina,

se non ritorno perdonami MAMMINA.

Quinto Rossi - La Serena 1958

 

Così è stato il primo periodo, con la nostalgia ogni giorno quando si doveva soltanto lavorare fin che c’era il sole. Ma una scommessa era fatta, “ti dico che Io i miei ossi, li porto nella terra mia” disse mio nonno a Ida Brugnara un’altra Verlana anche lei nella colonia a La Serena.

Passano gli anni e nel 1960 i miei nonni finalmente tornano in Italia, a ritrovare amici e parenti.

Finalmente i nonni conoscono i loro nipoti nati in questa terra ballerina* chiamata Cile.

*cosi chiamava la bisnonna Vige (mamma di mio nonno Quinto) il Cile.

Nonna Vige Coslop e mia mamma Rosetta Rossi in Trentino

 

 

E poi si torna un'altra volta indietro, in Cile. Questa volta i genitori vecchi ormai non ce la fanno a resistere un altro tempo nel dubbio, senza capire quando torneranno questi figli andati per il mondo….

Gli anni passano e sempre i figli del Trentino pensano alla loro terra: la musica e il cibo sono l’unico legame che li riporta con la mente e il cuore al paese perduto.

 

Quando sente che la vita gli sfugge mio nonno, tornato a casa da una visita dal dottore, disse a mia nonna: “Anna, andiamo subito in Italia, in questo viaggio non ci facciamo mancare niente”

E lei gli disse: “Ma come Quinto, tu sei malato di cuore, non puoi viaggiare!”

No, no, il dottore ha detto che sto benissimo”

Io avevo 7 anni, ricordo il giorno che sono partiti e mia nonna che, prima di andare, torna a casa e prende un crocifisso che aveva in camera del nonno.

Due settimane dopo il nonno ebbe un infarto in Italia.

Mia mamma, che era in Cile, parla col dottore che le disse “tuo papà non era in forma pe viaggiare, non doveva perché era grave”. Lui aveva capito che questo era l’ultimo dei suoi viaggi, ma il più importante perché doveva tornare per sempre.

Ha fatto l’ultimo dei suoi viaggi nella terra che amava e accanto alla mamma che non ha potuto salutare prima.

La Signora Ida quando ha saputo del fatto ha detto “Quinto hai vinto la scommessa fatta”.

Ricordo ancora quando siamo andati ad prendere la nonna all’aeroporto dopo la morte del nonno. Tornare da sola nel paese dove era vissuta col suo Quinto non era facile. Portava l’anello del nonno, quello che gli aveva regalato lei, comperato all’Obrelli di Lavis, e che non si toglieva mai. Il loro amore è stato fermo negli anni, lui amava lei e lei amava lui con quel amore fatto “come 'sti anni” (staifo) di quello che si fa fatica a trovare oggi, perché lui era perso senza di lei, come una barca senza timone (così le disse in una lettera).

Di brutte e di belle: ne hanno passate di tutti colori, nella gioia nella tristezza. L’ultimo viaggio verso il Cile mia nonna lo ha fatto da sola ma sempre col suo Quinto nel cuore. Nonna che fino all’ultimo giorno mi diceva “a popa vara de non sposarte che gli uomini non servono a niente, sono tutti dei svergognati” e io le chiedevo “Ma come nonna, tu non ti sposeresti col nonno un'altra volta? ” “Ah si si, con quel si”.

Di lei mi rimangono tutte le sue storie sui boschi, le passeggiate a Masen con le sue sorelle, che le mancavano tanto quando era in Cile. Le mancava l’aria fresca dei boschi, il suonar del campanile del paese, il cimitero dove andar a trovare la sua nonna, la torre delle Ville.

A me rimangono anche il dialetto, la polenta e tonco “ghe vol boter, popa che cosi la ven bona”, i calzotti fatti a 5 ucce che ho ancora e li metto in inverno, il tè con la sgnapa per far passare il freddo.

Dona tosta e amorosa de quele che no ghe ne pù”.

 

Testimonianza di Camila Gatica Rossi – Santiago - 24 aprile 2021

I testi in foto sono tratti dalla raccolta di Quinto Rossi