La legge sulla cittadinanza italiana n. 91 del 5 febbraio 1992 è fondata sul principio dell’uguaglianza fra l’uomo e la donna. Entrambi trasmettono la cittadinanza ai propri figli come previsto all’articolo 1.
Il principio di parità nella trasmissione della cittadinanza italiana è accettato anche per le persone nate prima dell'entrata in vigore di questa legge, come affermato dalla Corte Cosituzionale e dalla Corte di Cassazione. Tuttavìa, il principio di parità è negato dall'amministrazione italiana per i discendenti delle donne italiane che, sposando cittadini stranieri prima del 1948, hanno perso la cittadinanza italiana in base alla legge allora vigente. Per questo motivo, la cittadinanza italiana, per queste persone, può essere negata dai Consolati italiani e dal Ministero dell'Interno e invece riconosciuta dai giudici italiani.
Un approfondimento:
La legge precedente (legge 13 giugno 1920 n. 555) non riconosceva il principio di parità fra uomo e donna ed, anzi, prevedeva che fosse cittadino italiano normalmente solo il figlio di padre cittadino (art. 1). I figli nati da una cittadina italiana e da un cittadino straniero non potevano essere riconosciuti italiani, se la madre aveva acquisito la cittadinanza straniera con il matrimonio.
Solo nel 1983, la Corte Costituzionale dichiarò illegittima la legge per la parte in cui non prevedeva che fosse cittadino italiano il figlio di madre che aveva perso la cittadinanza italiana a seguito del matrimonio con un cittadino straniero (sentenza n. 30 del 1983 - documento pdf allegato) perché contrastante con il principio di uguaglianza previsto dalla Costituzione della Repubblica italiana.
Fu emanata la legge n. 123 del 21.4.1983 che, all’art. 5 prescriveva: E’ cittadino italiano il figlio minorenne, anche adottivo, di padre cittadino o di madre cittadina. Nel caso di doppia cittadinanza, il figlio dovrà optare per una sola cittadinanza entro un anno dal raggiungimento della maggiore età”.
L’amministrazione dello Stato italiano ritiene che la sentenza e la legge seguente abbiano effetto solo dall’1 gennaio 1948, quando entrò in vigore la Costituzione (parere n. 105 del 15 aprile 1983 del Consiglio di Stato).
Per conseguenza, sono riconosciuti italiani i figli nati dopo l’1 gennaio 1948 da donne italiane divenute cittadine straniere per matrimonio con cittadini stranieri. Non sono invece riconosciuti italiani dall'amministrazione i figli nati in epoca precedente.
La Corte di Cassazione a sezioni unite, nel 2009, ha riconosciuto la cittadinanza italiana anche ai figli nati prima del 1948 (leggi la sentenza n. 4466 del 25 febbraio 2009 - documento pdf allegato).
E’ in corso un procedimento legislativo alla Camera dei Deputati per riformare la legge sulla cittadinanza n. 91/1992 in vari punti. Uno di questi è proprio la questione dei discendenti italiani in linea femminile, come riconosciuto dalla Corte Costituzionale e dalla Corte di Cassazione. Sono state presentate diverse proposte di emendamento che, tuttavìa, hanno trovato scarso appoggio fra i parlamentari italiani e finora non sono state approvate e incluse nel progetto di riforma in discussione alla Camera dei Deputati. Per questo l'Associazione Trentini nel Mondo è impegnata a sensibilizzare i parlamentari e invita tutti gli emigrati italiani e i loro discendenti a fare lo stesso anche con i deputati e senatori che rappresentano gli italiani all'estero.
Si possono seguire il procedimento di riforma alla Camera dei Deputati, le sedute e i documenti su cui stanno lavorando i legislatori dalla pagina internet del sito della Camera dei deputati: (sito web esterno, apre in una nuova finestra)